Johatsu, ovvero “evaporati”, fa riferimento a persone scomparse nel nulla, che cambiano identità volontariamente. Un fenomeno molto diffuso in Giappone
“Evaporati”: è questa la traduzione della parola giapponese johatsu, ovvero persone scomparse nel nulla, che cambiano identità e spariscono dalla circolazione. Si tratta di uomini e donne che si allontanano volontariamente dalle loro famiglie, dal loro passato, facendo perdere completamente le proprie tracce, e iniziano una nuova vita.
Il termine ningen johatsu è diventato d’uso comune anche grazie ad un film intitolato proprio così, tradotto in inglese con A man vanishes. Si tratta di una famosa pellicola del regista Imamura Shohei, uscita nel 1967. Il film, ispirato ai casi reali di sparizione, documenta la fuga di un uomo, Oshima, di cui si cerca di ricostruire la vita passata attraverso la testimonianza delle persone che lo conoscevano.
Jonatsu, un fenomeno in crescita
In Giappone, l’Agenzia nazionale di polizia registra circa 80mila scomparsi ogni anno. Molti sono rintracciati, ma pochi tornano alla vita di prima. Di migliaia, invece, non si sa più nulla. Secondo la Missing Persons Search Support Association of Japan (MPS), un’organizzazione senza scopo di lucro, i numeri ufficiali sono sottostimati: sarebbero, infatti, circa 100mila le persone che spariscono ogni anno.
Non sono pochi quelli che, magari dopo qualche anno, finiscono per suicidarsi, tanto che il Giappone ha uno dei più alti tassi di suicidi tra i Paesi dell’OCSE. Sebbene in calo nell’ultimo decennio, i suicidi restano una delle principali cause di morte per la fascia d’età tra 22 e 44 anni.
Per uno johatsu “evaporare” può evitare ai propri cari il disonore e l’obbligo di coprire i costi del suicidio o della morte spesso caricate ai parenti della persona si è suicidata.
Il fenomeno ha iniziato a diffondersi nel paese del Sol Levante negli anni Sessanta, ma è aumentato negli anni Novanta, quando il paese si è trovato in una grave crisi economica.
Molte informazioni sugli johatsu si possono trovare nel libro “The Vanished: The ‘Evaporated People’ of Japan in Stories and Photographs” (Gli evaporati del Giappone attraverso storie e fotografie), di Léna Mauger e Stéphane Remael, frutto di anni di indagine in Giappone sugli evaporati e sulle organizzazioni che li aiutano a sparire.
Quali sono i motivi
Alla base di questo fenomeno c’è la paura di perdere l’onore, di deludere amici e parenti, di dover ammettere il proprio fallimento di fronte alla società. Il rigido sistema sociale e culturale giapponese prevede, infatti, per ogni uomo, donna e bambino un ruolo ben preciso.
Chi non riesce a rispettare le regole rigide è trattato come un escluso e costretto a vivere nella vergogna del proprio fallimento. Uno stile di vita che non fa per tutti e che può, dunque, causare decine di migliaia di johatsu ogni anno.
La causa scatenante può essere la perdita del posto di lavoro, l’accumularsi di debiti, problemi con la propria vita sociale ed emotiva, come un divorzio o il fatto di essersi innamorati di un’altra persona.
Il tema ricorrente è, dunque, la vergona, l’imbarazzo, il disonore. Scegliere di sparire diventa spesso una decisione inevitabile di fronte a problemi sociali, aspettative insostenibili, ambienti di lavoro opprimenti o relazioni familiari tossiche. Così, piuttosto che affrontare il problema, migliaia di persone preferiscono scomparire, “evaporare”. La fuga è vista come unica scelta possibile.
Come funziona lo jonatsu
Evaporare è facile, perché il Giappone ha delle leggi sulla privacy molto stringenti. Di conseguenza è molto difficile rintracciare qualcuno che si è allontanato volontariamente.
Queste persone si rifugiano in quartieri come Sanya, un’area di Tokyo che è stato cancellato dalle mappe da alcuni decenni. Si tratta di un sobborgo povero, dove le organizzazioni criminali riescono facilmente a entrare. Lì si può vivere anche senza documenti.
Oggi, la comunità di senzatetto, alcuni dei quali fuggiti dalle loro vite passate, sembra essere un solido gruppo in cui ci si aiuta a vicenda. Altri “svaniti” si rifugiano, invece, in luoghi isolati, come le pendici del monte Fuji.
In Giappone, basta così cambiare nome e luogo di residenza per scomparire e non essere più ritrovati. La maggior parte di loro riesce a sparire grazie all’aiuto di società create per questo scopo. Negli anni Novanta, con l’aumento degli johatsu, nacquero tantissime agenzie specializzate nel far “evaporare” queste persone, che si occupavano anche di trasporti notturni per agevolare la sparizione. Sono, infatti, chiamati yonige-ya, i “negozi di fughe notturne”.
…e in Italia?
Nel nostro paese la privacy è meno tutelata che in Giappone, per cui sarebbe molto più complicato gestire una totale scomparsa amministrativa, abitativa o un cambiamento di status di una persona. Inoltre, anche le aspettative sociali verso gli individui sono completamente diverse.
Il Giappone, come già detto, è il paese del rigore, dello stacanovismo, dell’onore. I giapponesi, di conseguenza, danno un’importanza superiore alla performance lavorativa, al successo, alla quantità di ore dedicate alla propria attività professionale. Nel nostro paese, questi aspetti culturali non così prevalenti, o comunque non al punto tale da spingere una persona a sparire.
In Italia, almeno per il momento, non ci sono studi scientifici che mostrino la nascita di un fenomeno uguale o simile. Un’agenzia del ministero dell’Interno si occupa di censire le persone scomparse e, tra queste, ci sono anche coloro che si allontanano volontariamente, compresi i minori che scappano da casa o dagli istituti.
Chi vuole sparire, in Italia, deve puntare sul mondo virtuale, piuttosto che su quello reale, La rete agevola la velocità di contatto e, nello stesso tempo, permette di eliminarlo con altrettanta rapidità. Un fenomeno che, come quello degli evaporati, fa comunque emergere importanti vulnerabilità sul piano psicologico.
In ogni caso la situazione non è delle migliori. Infatti, secondo i dati più recenti dell’Osservatorio europeo sull’indebitamento condotto da Bravo, il debito medio degli italiani nel 2024 ha superato i 29mila euro per persona, con un aumento del 13,6% negli ultimi quattro anni.
Sebbene sia difficile sparire, la maggior parte delle volte può essere piuttosto complicato recuperare un credito, soprattutto se non si hanno più notizie del debitore. I debitori possono essere soggetti che si trovano realmente in difficoltà economiche e, dunque, non riescono fare fronte al debito. Molto spesso, però, sono “furbetti” che si dichiarano nullatenenti pur di non pagare quanto dovuto o che diventano irreperibili.
Come rintracciare il debitore
L’indirizzo del debitore che ha il creditore non sempre è corretto, per cui si ritrova con raccomandate che non giungono a destinazione. Molte volte, però, le raccomandate non giungono a destinazione a causa di cambi di domicilio o residenza e non si riesce neanche a comunicare telefonicamente con il debitore.
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Un problema che sorge molto spesso è, invece, la difformità tra la residenza emergente dalle risultanze anagrafiche e il domicilio, corrispondente, nei fatti, al luogo di abituale dimora.
Rivolgersi ad una società investigativa specializzata, come Revela, è la strada giusta per rintracciare il debitore e avviare, per esempio, un’eventuale azione di recupero senza spreco di tempo e denaro.
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