Violenza domestica: cos’è e come si dimostra

Violenza domestica: cos’è e come si dimostra

Per violenza domestica si intende tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia. Come dimostrarla grazie all’investigatore privato

Negli ultimi anni le notizie di cronaca ci hanno abituati a vicende eclatanti relative soprattutto a femminicidi. In realtà il fenomeno della violenza domestica è molto più diffuso, ma le vittime spesso non denunciano per paura o perché ritengono che siano questioni private.

Fino a un decennio fa, in Italia, i processi per maltrattamento erano pochissimi, proprio perché la vittima non voleva più rendere testimonianza o perché le prove erano ritenute insufficienti. Ora, grazie alla sensibilità degli operatori, la situazione sta cambiando.

La violenza domestica è una declinazione della violenza nei confronti delle donne. Da l’ultima indagine Istat si stima che una donna su tre subisce violenza almeno una volta nella vita (una percentuale pari al 31,5%).

Cosa si intende per violenza domestica

Secondo l’art. 3 della Convenzione di Instanbul, l’espressione violenza domestica designa “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.

Il fenomeno si manifesta in diverse forme e i maltrattamenti, che si concretizzano con atti vessatori, oppressivi e prevaricatori, reiterati nel tempo, calpestano la dignità e la personalità della vittima.

In Italia l’art. 3 del D.L. n. 93/2013 dispone che: “si intendono per violenza domestica (uno o più atti, gravi ovvero non episodici), di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare (o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva), indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.

Violenza domestica reato

La violenza domestica rientra, inoltre, nel reato descritto nell’articolo 572 del Codice penale: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni”.

L’autore del reato è sempre una persona di famiglia o convivente, oppure una persona che esercita in qualche modo autorità sulla vittima. Di conseguenza anche la vittima è, quindi, legata da vincolo di famiglia o di subordinazione con l’autore del reato.

Il reato di maltrattamenti in famiglia sussiste anche tra genitore e figlio, quando un uso sistematico della violenza determina una situazione di assoluta sottomissione del figlio.

Affinché si parli di reato è necessario l’abitualità della condotta offensiva. Inoltre, il reato può essere realizzato sia attraverso condotte attive che omissive, come ad esempio non fornire cibo, assistenza, risorse economiche per una vita dignitosa e anche tradire senza ritegno.

Se queste condotte determinano umiliazione e sofferenze psicologiche nella persona offese, siamo in presenza di maltrattamenti. Infine, il reato è aggravato se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità.

Quali comportamenti rientrano nella violenza domestica

La violenza domestica si manifesta in diverse forme. Ecco le principali:

  • Violenza psicologica. È la forma più subdola di violenza che viene esercitata all’interno della coppia o della famiglia. Comprende atteggiamenti intimidatori, minacciosi e denigratori come: ricatti, insulti verbali, svalutazioni ripetute, denigrazioni, rifiuto, isolamento, terrore, limitazione dell’espressione personale. Rientra in questa, il gaslighting. Questa manipolazione rende la vittima incapace di percepire e ricordare le cose, facendole credere, ad esempio, che certi episodi accaduti in realtà non si sono mai verificati.
  • Violenza fisica. Si realizza con qualsiasi mezzo teso a far male o a spaventare la vittima, quindi schiaffi, pugni, spinte, tirate di capelli, calci, strangolamento, immobilizzazione. I casi più gravi e estremi sono il lancio di sostanze acide dirette al volto della persona e l’omicidio.
  • Violenza sessuale. Si può manifestarein modi diversi, da battute pesanti a sfondo sessuale alla costrizione della vittima ad avere rapporti anche con terzi, fino ad arrivare allo stupro di gruppo.
  • Violenza economica. Comprende una serie di atteggiamenti che impediscono alla vittima di essere indipendente economicamente, come impedire la ricerca di un lavoro, la privazione o il controllo dello stipendio, ecc.
  • Stalking. È un insieme di comportamenti, che assumono vere e proprie forme di persecuzione, volti a controllare e limitare la libertà della persona. Questo fa vivere la vittima in uno stato perenne di ansia e paura per la propria incolumità e per quella delle persone care.

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Come dimostrare la violenza domestica

Gli episodi di violenza domestica possono essere denunciati in qualsiasi modo, andando presso un presidio delle forze dell’ordine (carabinieri, polizia, ecc.) o chiamando il 112, delegando un avvocato a sporgere denuncia e affidandosi a una persona di fiducia affinché il fatto sia portato a conoscenza delle autorità.

Molto spesso è difficile da provare poiché avviene all’interno della privata dimora, magari senza spettatori, se non i figli. Per dimostrarla la prima fonte di prova è rappresentata dalle dichiarazioni della vittima.

Ovviamente, importantissime sono anche le testimonianze delle persone che hanno assistito alle violenze. La donna vittima di abusi domestici potrebbe, ad esempio, chiamare i propri figli a testimoniare. Quando la violenza è particolarmente brutale, si può anche ricorrere a un esame medico che accerti l’abuso subito.

Molto importanti sono fotografie e filmati che dimostrano le condotte illecite.

Una persona, per esempio, può registrare le telefonate del suo stalker oppure le continue minacce del compagno con cui vive.

In questi casi, l’intervento dell’investigatore privato può essere utile ad affiancare e ad integrare le investigazioni condotte dalle forze dell’ordine. L’agenzia investigativa, come Revela, raccoglie prove legalmente, con la massima riservatezza e segretezza, comprovando gli atteggiamenti che determinano maltrattamenti, per mezzo di foto e filmati e cercando testimonianze utili in sede giudiziale.

Un’accurata indagine investigativa, condotta da un professionista, può salvaguardare l’incolumità della vittima e a far valere i propri diritti in sede giudiziale.

Le conseguenze

Le conseguenze di una denuncia sono prima di tutto l’allontanamento dalla casa familiare, in quanto misura cautelare, a prescindere da una sentenza di condanna. Può essere disposta dal giudice quando il magistrato del pubblico ministero, sulla scorta delle sue indagini, ne abbia fatto richiesta.

La violazione di quest’ordine costituisce reato, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena prevista per i maltrattamenti familiari è, invece, la reclusione da 3 a 7 anni.

Il codice prevede delle ipotesi di aggravamento della pena se:

  • il fatto è commesso in presenza o in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona affetta da disabilità (pena aumentata fino alla metà)
  • deriva una lesione personale grave (reclusione da 4 a 9 anni)
  • dal fatto deriva una lesione gravissima (reclusione da 7 a 15 anni)
  • deriva la morte (reclusione da 12 a 24 anni).

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