Disciplinato dall’art. 658, lo sfratto per morosità è una procedura giudiziaria con cui il locatore può chiedere all’inquilino di lasciare l’immobile se non paga il canone d’affitto
Lo sfratto per morosità è una procedura giudiziaria con cui il locatore può chiedere all’inquilino di lasciare l’immobile se non paga il canone d’affitto pattuito e le spese condominiale previste.
Quando il canone stabilito non è pagato o si è in ritardo con i pagamenti il conduttore si pone, dunque, nella condizione di morosità (inquilino moroso).
La mora, nel linguaggio giuridico, indica difatti l’ingiustificato ritardo nell’adempimento di un’obbligazione. L’inquilino è considerato moroso anche quando la rata di affitto è corrisposta parzialmente o non paga le spese condominiali.
La morosità è stabilita e regolata dalla Legge 392/1978, e più precisamente dall’articolo 5, il quale stabilisce che: “il pagamento mancato della quota di affitto in un tempo massimo di venti giorni dalla data di normale scadenza prevista come da contratto, genera nel conduttore il diritto legittimato di chiedere al giudice la morosità del locatario”.
Quando si può ricorrere allo sfratto per morosità
Lo sfratto per morosità è disciplinato dall’art. 658, comma 1 c.p.c.: “il locatore può intimare al conduttore lo sfratto, anche in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti”.
Per procedere è necessario, però, che vi siano due presupposti. Il primo è la presenza di un regolare contratto di locazione immobiliare ad uso abitativo o commerciale. Se questo non esiste non è possibile applicare questa procedura, ma si può, invece, procedere per “occupazione senza titolo”.
Il secondo presupposto è, ovviamente, il mancato pagamento dei canoni di locazione. La misura per gli immobili ad uso abitativo è stabilita, come già detto, dalla legge sull’equo canone (legge 392/1978).
Il procedimento di sfratto per morosità può essere promosso:
- quando l’Inquilino non ha pagato anche una sola mensilità e sono trascorsi 20 giorni dalla scadenza del pagamento (es. scadenza del pagamento il 5 gennaio si può procedere dal 25 gennaio).
e/o
- quando l’Inquilino non ha pagato quanto dovuto a titolo di spese condominiali per un ammontare che supera le due mensilità di canone.
Il mancato pagamento del canone di locazione, decorsi i venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce quindi motivo di risoluzione del contratto.
Per locazioni di locali commerciali non è possibile fare riferimento alla stessa norma, ma al principio di inadempimento di non scarsa importanza. In questo caso è il giudice a valutare la situazione in base al ritardo, all’importo del canone di locazione e al numero di rate insolute.
Procedura di sfratto per morosità
Solo se sussistono i due presupposti visti in precedenza, si può avviare la procedura (possono farlo anche gli eredi, i legatari e i comproprietari dell’immobile).
La procedura di sfratto prevede alcuni passaggi:
- lettera di diffida. Una volta valutata la morosità dell’inquilino, il locatario deve inviare una diffida formale tramite raccomandata A/R o PEC, dove si sollecita il pagamento di quanto dovuto e relativa scadenza per il pagamento, indicando l’intenzione di procedere allo sfratto in caso di persistente morosità
- intimazione di sfratto. Nel caso in cui la diffida non sortisca gli effetti sperati, il proprietario può agire con un atto di intimazione di sfratto per morosità. Questo documento include la citazione per la comparizione in tribunale e l’ingiunzione per il pagamento dei canoni arretrati
- udienza in Tribunale. La legge stabilisce che tra il giorno della notificazione dell’atto e il giorno dell’udienza devono intercorrere 20 giorni liberi. Il Tribunale competente è quello nel cui circondario ha sede l’immobile locato. Il giudice poi prende atto delle prove documentali presentate dalle parti, per stabilire se procedere allo sfratto.
Cosa succede dopo l’udienza?
Quando il conduttore si presenta all’udienza e salda la morosità, il procedimento si conclude. L’inquilino, nel caso in cui si tratti di una locazione ad uso abitativo, può anche chiedere al Giudice la concessione del c.d. Termine di Grazia. Si tratta di un termine, previsto dall’art. 55 legge 392/1978, di 90 giorni che il giudice concede all’intimato per sanare la morosità, oltre agli interessi e alle spese legali. Dopo i 90 giorni si fissa un’altra udienza per verificare l’intervenuto pagamento.
Il conduttore può, inoltre, presentarsi all’udienza e fare opposizione alla convalida. In questo caso il giudice rinvierà l’esame delle cause di opposizione al giudizio ordinario e successivamente sceglierà se concedere o meno al proprietario l’ordinanza di rilascio dell’immobile.
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Infine, se il conduttore non si presenta, o si presenta all’udienza ma sceglie di non fare opposizione, il giudice verificherà la sussistenza dei presupposti per emettere l’ordinanza di convalida di sfratto. Sarà stabilita anche la data entro la quale si potrà ottenere il rilascio forzato dell’immobile mediante intervento dell’ufficiale giudiziario (normalmente entro 60-90 giorni).
Nel caso l’inquilino non sgombri l’immobile entro il termine stabilito, dopo ulteriori 10 giorni il proprietario può richiedere l’intervento forzato, attraverso l’intervento delle autorità per garantire lo sgombero dell’affittuario inadempiente.
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Inoltre, insieme all’ordinanza di sfratto, il giudice emette anche un decreto ingiuntivo, ossia un ordine di pagamento nei confronti dell’inquilino. Il locatore può chiedere il pagamento dei canoni scaduti, dei canoni che scadranno fino all’esecuzione dello sfratto e delle spese processuali. Se il conduttore non dovesse adempiere, il locatore può procedere al pignoramento dei suoi beni.
Cosa fare per prevenire il rischio
Per prevenire i rischi e tutelarsi da queste fastidiose situazioni sarebbe opportuno valutare prima l’affidabilità e la solvibilità della persona a cui si vuole affittare il proprio immobile. Per conoscere la sua situazione economica ci si può rivolgere a società, come Revela, in grado di reperire informazioni attendibili.
Queste vanno dai dati anagrafici completi fino alla verifica dell’occupazione professionale e alla stima del reddito. Si può, inoltre, accertare la presenza di eventuali protesti o pregiudizievoli del futuro inquilino e la sua posizione debitoria, anche storica.
L’insieme di queste informazioni rivela un quadro generale della solvibilità dell’inquilino. I dati di valutazione dell’affidabilità sono utili sia ai privati sia alle imprese.