Pignoramento casa: quando si può procedere

Pignoramento casa: quando si può procedere

Il pignoramento casa è una procedura formale che prevede l’espropriazione forzata di un immobile, allo scopo di soddisfare le pretese dei creditori nei confronti di un debitore insolvente

Il  pignoramento casa è una procedura formale che prevede l’espropriazione forzata di un immobile, allo scopo di soddisfare le pretese dei creditori nei confronti di un debitore insolvente. Al pari di qualsiasi espropriazione “può avere luogo solo in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile” (art. 474 del c.p.c.).

La procedura è piuttosto complessa e per poter essere effettiva deve rispettare un iter preciso che si articola in diverse fasi. La normativa di riferimento in materia di pignoramento immobiliare è contenuta nel Libro III del Codice di Procedura Civile, in particolare dall’art 555 al 598 c.p.c.

Il creditore può agire affinché la proprietà del debitore sia pignorata per poi essere venduta all’asta, cercando così di ottenere il denaro che gli spetta tramite il ricavato della vendita. Spetta al Tribunale metterla all’asta e aggiudicarla al miglior offerente.

Con la riforma del 2005 la vendita senza incanto (artt. 570-575 c.p.c.) è divenuta un passaggio preliminare obbligatorio per poter procedere alla successiva vendita con incanto. Si tratta di un atto redatto dal professionista incaricato, contenente la notizia della vendita dell’immobile sottoposto a pignoramento.

Il documento riporta tutte le informazioni relative all’immobile pignorato, lo stato di occupazione, le condizioni economiche della vendita,  tempi e modalità di partecipazione alla vendita, i dati sul custode giudiziario, ecc.


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Qualora non ci sia stata nessuna offerta per la vendita senza incanto, allora si procede a quella con incanto, ossia una gara pubblica di offerte al rialzo che si svolge nella sala delle pubbliche udienze davanti al giudice dell’esecuzione o a un suo delegato.

Pignoramento prima casa

Molti pensano che l’immobile adibito a prima abitazione non sia pignorabile perché considerato un bene essenziale. In realtà non è così, perché è pignorabile tutte le volte in cui il debito è di natura privata (banca, finanziaria, condominio, fornitore). In questo caso vale la regola generale della pignorabilità della prima casa (D.P.R. n. 602/1073, art. 76 e seguenti).

Quando per esempio il creditore è un istituto bancario o una finanziaria che ha erogato un prestito, la legge non prevede limiti e per il debitore non sussiste nessuna forma di tutela. Questo vale anche nel caso in cui i creditori siano familiari, controparti di processi che hanno vinto le cause o altri soggetti privati.

Per pignorare la prima casa è, ovviamente, necessario che il creditore sia in possesso di un titolo esecutivo, ossia una sentenza, un decreto ingiuntivo definitivo, un assegno, una cambiale o un contratto di mutuo stipulato dinanzi al notaio.

Non è previsto, poi, un limite minimo di debito a partire dal quale il pignoramento casa è possibile. Anche in presenza di importi bassi, pertanto, il creditore può avviare tale procedura di esecuzione forzata. C’è tuttavia da considerare che un pignoramento immobiliare ha un costo vivo molto elevato e i tempi sono solitamente lunghi. 


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Se, invece, il creditore è l’Agenzia Entrate Riscossione, che agisce per il recupero dei crediti dello Stato o della Pubblica Amministrazione, esistono particolari limiti e condizione.

È bene precisare che la legge stabilisce che ad essere impignorabile è l’unica abitazione del debitore, non la prima casa intesa come luogo di residenza.

Per cui il pignoramento della prima casa non si può attuare se sussistono tutti insieme questi presupposti:

  • l’immobile è l’unico di proprietà del contribuente
  • deve essere luogo di residenza del contribuente
  • non deve essere di lusso, ossia accatastato nelle categorie A/8 e A/9
  • deve essere accatastato a civile abitazione.

Se manca una sola di queste condizioni, anche l’Agente per la riscossione esattoriale può pignorare la prima casa. Se, per esempio, il contribuente ha una seconda casa o anche una quota, questa può essere pignorata. Lo stesso vale se ha una sola casa e l’ha data in affitto o ancora se vive in un immobile di lusso, come una villa.

Ci sono poi altre condizioni affinché l’esattore possa procedere al pignoramento della prima casa:

  • il debito deve superare 120mila euro
  • il complesso dei beni immobili di proprietà del debitore deve essere superiore a 120mila euro.

Oltre al pignoramento, la legge italiana prevede che, in presenza di debiti complessivamente superiori a 20 mila euro, si possa iscrivere ipoteca sull’unico immobile di proprietà del debitore nel quale egli risieda anagraficamente.


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Contrariamente a quanto si crede, inoltre, non esiste alcun divieto di pignoramento della prima casa se in questa vive e risiede un bambino piccolo o un invalido. Né può aiutare il fatto che il debitore sia in difficoltà economiche tali da non riuscire ad acquistare un altro immobile o a pagare un affitto.

Pignoramento casa cointestata

Anche la prima casa cointestata al coniuge si può pignorare. Il pignoramento è fatto sull’intero immobile, con l’obbligo, alla divisione del prezzo, di restituire il 50% al coniuge non debitore.

Prima della vendita integrale del bene, il giudice valuta, però, se è possibile una divisione dell’immobile, ad esempio un frazionamento, con vendita solo di una parte e l’attribuzione dell’altra al comproprietario.

Pignoramento casa in comunione dei beni

Secondo il più recente orientamento della Corte di Cassazione, la casa in comunione si può pignorare e può essere venduta all’asta interamente e non solo per la metà. La quota a metà, quindi, non intralcia in nessun modo il processo di pignoramento.

Più precisamente, i creditori possono sempre soddisfarsi sui beni, mobili e immobili, posti in comunione tra i coniugi:

  • per l’intero importo del credito, se l’obbligazione da cui è sorto il debito era stata contratta congiuntamente da entrambi
  • nel limite del valore corrispondente alla singola quota di ciascuno, dunque del 50%, se l’obbligazione era stata contratta solo da un coniuge.

In questo secondo caso, però, il creditore deve prima tentare di soddisfarsi sui beni personali del singolo coniuge obbligato. Solo se ciò non è possibile, o non consente di ottenere l’intera somma dovuta, può rivolgersi ai beni presenti nella comunione, compresi gli immobili.

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