La guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia porteranno ripercussioni tangibili sulle aziende italiane e estere, soprattutto per quelle che hanno interessi commerciali. Quali saranno gli effetti?
La guerra in Ucraina potrebbe avere effetti veramente gravi sull’economia dei paesi europei e, in particolare, dell’Italia. Le principali ripercussioni, secondo Unimpresa, si avvertiranno sul versante del prezzo delle materie prime, in particolare gas e petrolio, nonché sugli scambi commerciali. Tutto ciò comporterà inevitabilmente un incremento dell’inflazione fra il +0,8% e il +1,8%.
Guerra in Ucraina, le conseguenze per le aziende italiane
Dopo la paralisi del commercio estero dovuta al Covid-19, il Made in Italy stava registrando un rimbalzo notevole nei confronti dei paesi dell’ex Unione Sovietica.
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Il conflitto e le sanzioni alla Russia porteranno, però, ripercussioni tangibili sulle aziende italiane, soprattutto per quelle che hanno interessi commerciali o attività in entrambi i Paesi direttamente coinvolti. In particolare a subire le conseguenze saranno soprattutto le piccole e medie imprese, che non sono sufficientemente preparate.
“Rischiano il ripetersi delle gravi conseguenze economiche derivanti dal conflitto russo-ucraino scoppiato nel 2014 con la crisi di Crimea” – avverte Confartigianato.
Tra i Paesi dell’Ue, l’Italia è al quarto posto per il valore delle esportazioni sui mercati della Russia e dell’Ucraina: nel 2021 ha venduto prodotti per complessivi 9,8 miliardi di euro e ne ha importati per 17,2 miliardi di euro. Tra le regioni più esposte per le esportazioni sul mercato russo vi è l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Marche, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia (dati Confartigianato).
Secondo i dati dell’Agenzia Ice, l’agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, sono circa 300 le aziende italiane in affari con la Russia. Dalla Russia importiamo soprattutto gas, petroli, metalli di base e prodotti dell’agricoltura, mentre esportiamo in particolare prodotti dell’abbigliamento, macchinari, mobili e calzature.
L’Italia è, invece, il secondo esportatore di merci in Ucraina tra i paesi dell’Unione europea, con una quota del 3,9 per cento. È preceduta dalla Germania (9,9 per cento) e seguita dalla Francia (2,7) e dalla Spagna (1,3).
Nel periodo gennaio-novembre del 2021, le esportazioni italiane in Ucraina sono arrivate a 1,9 miliardi di euro, più dell’intero 2020 e 2019. Nello stesso periodo di tempo, le importazioni sono valse 2,9 miliardi: anche in questo caso, si tratta di un valore superiore a quello registrato nel 2020 e nel 2019.
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Importiamo soprattutto prodotti metallurgici e, in misura nettamente inferiore, prodotti alimentari e agricoli. In particolare, ogni anno dall’Ucraina arrivano circa 120 milioni di chili di grano, mentre dalla Russia 100 milioni.
In una sola settimana, secondo la Coldiretti, il costo del grano è balzato del 10%. La conseguenza è un aumento del prezzo dei beni di prima necessità, come farina, pane, biscotti e pasta. Un notevole rincaro si è avuto per il mais destinato agli allevamenti italiani che potrebbe comportare, invece, un aumento anche di carne e latte.
Senza dimenticare che sono oltre cento le aziende italiane, particolarmente a rischio, con attività di trasformazione o con basi operative in Bielorussia, Russia o Ucraina.
Il problema gas
La possibile stretta sulle forniture di gas è il tema che più preoccupa maggiormente le imprese. L’Italia sarà il Paese europeo a subire le maggiori conseguenze dell’aumento del prezzo delle materie prime energetiche, generato dalla guerra in Ucraina.
La grande maggioranza del gas naturale impiegato è, infatti, importato e proprio la Russia rappresenta la prima fonte di provenienza, pesando per circa il 45% del metano estero. Lo scenario futuro peggiore porterebbe a un razionamento delle forniture di gas in tutta l’Europa da parte della Russia.
Cosa succede alle aziende straniere europee
Gli europei, in particolare, rischiano di subire un danno maggiore rispetto agli americani. La Russia è, infatti, il quinto partner commerciale dell’Unione europea. Al contrario, gli Stati Uniti hanno traffici molto più limitati.
Dall’inizio della guerra in Ucraina, i paesi occidentali hanno imposto sanzioni sempre più severe contro Mosca, come il divieto di accesso ai mercati occidentali fino al congelamento dei beni della Banca centrale russa detenuti fuori dai confini in valuta estera. UE e Regno Unito hanno anche limitato le operazioni bancarie per i cittadini russi.
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Anche le sanzioni hanno, dunque, effetti in Occidente. Alcune grandi aziende hanno deciso di vendere le loro partecipazioni in società russe, spesso al prezzo di una grave perdita rispetto al valore del pacchetto azionario. Altre, invece, hanno annunciato la sospensione delle attività nel Paese, che peserà sui propri bilanci.
A minacciare principalmente l’economia europea è, indubbiamente, la sua dipendenza dalle importazioni di gas naturale russo. Tra i più esposti, ci sono certamente i principali Paesi importatori, Germania e Italia, nonché alcune delle economie più piccole dell’Europa centrale e orientale.
Dall’inizio della crisi, il prezzo del gas è aumentato vertiginosamente e questo porterà ad un aumento a catena del prezzo dell’elettricità e dei beni in generale in tutta Europa.
Nello scenario peggiore, ossia gravi interruzioni nell’approvvigionamento e prezzi molto più elevati, i governi potrebbero dover ridurre la domanda di energia e compensare le aziende e i settori colpiti.
Una situazione grave per tutta l’Europa che si apprestava ad uscire dalla crisi causata dalla pandemia. Cosa succederà all’economia e alle imprese italiane ed estere è ancora difficile da sapere. Di sicuro non sarà facile uscire da questa nuova condizione complicata.