Concorrenza sleale: quando si manifesta e come difendersi

Concorrenza sleale: quando si manifesta e come difendersi

La concorrenza sleale si manifesta mediante atti volti a ledere gli interessi degli imprenditori concorrenti, danneggiandone l’attività in termini di credibilità e di profitto. Per difendersi ci si può rivolgere ad agenzie investigative, come Revela

La concorrenza sleale si manifesta mediante atti volti a ledere gli interessi degli altri imprenditori concorrenti, con l’utilizzo di metodi contrari all’etica commerciale.

In ambito economico, la concorrenza è la competizione tra due o più aziende che operano all’interno dello stesso settore e che, quindi, si rivolgono alla medesima tipologia di clientela. Affinché sia lecita è fondamentale che si svolga secondo i principi della correttezza professionale.

Con l’art. 2598 c.c., il legislatore ha voluto garantire un mercato libero e concorrenziale, in cui nessun operatore possa avvantaggiarsi attraverso attività non conformi alle logiche dei principi di correttezza e lealtà.

La prima tutela legislativa della concorrenza si ebbe a livello internazionale con la Convenzione d’Unione, tenutasi a Parigi nel 1883. Una delle principali modifiche è stata quella dell’Aia del 1925 che ha previsto l’inserimento dell’art. 10-bis sulla concorrenza sleale.

In questo articolo è specificato che i Paesi che hanno firmato la Convenzione sono tenuti ad assicurare protezione contro gli atti di concorrenza sleale, ovvero ogni atto di concorrenza contrario agli usi onesti in materia industriale o commerciale. L’art. 10-bis ha, inoltre, ispirato la costituzione dell’art. 2598 sulla concorrenza sleale del Codice Civile Italiano, entrato in vigore nel 1942.

La normativa che regola la concorrenza sleale

L’articolo 2598 c. c. dispone che “Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:

  1. usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente
  2. diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente
  3. si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.

Si tratta, dunque, del compimento di una serie di atti che provocano un danno ingiusto ad un’azienda oppure un errore di giudizio del consumatore.


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Il legislatore ha previsto anche una seconda tipologia di tutela, di natura extra-giudiziale, coinvolgente l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato.

La normativa Antitrust, rappresentata dalla Legge 287 del 1990, è finalizzata ad evitare l’insorgenza di comportamenti commerciali anticoncorrenziali, come per esempio gli accordi tra imprese a svantaggio di altre imprese concorrenti. Al riguardo, in caso di accertamento positivo, sarà sua cura convocare le parti e tentare una risoluzione della questione in via stragiudiziale.

Quando si parla di concorrenza sleale

La materia della concorrenza sleale è ampia e complessa. I requisiti necessari per la configurazione della suddetta fattispecie sono:

  • il soggetto danneggiato deve essere un imprenditore
  • l’imprenditore danneggiato deve operare in concorrenza con l’imprenditore sleale, anche qualora non si trovino nello stesso settore.

Al fine della configurazione della fattispecie di concorrenza sleale, è necessario verificare che l’imprenditore danneggiante abbia violato il precetto dell’art. 2598 c.c.

I casi includono atti:

  • di confusione, quando si usano nomi o segni distintivi che creano confusione con quelli utilizzati in modo legittimo da altri o quando i prodotti creano una possibile confusione con quelli di altri prodotti di un concorrente
  • di denigrazione e appropriazione, cioè la diffusione di notizie tendenziose e giudizi diffamanti sui prodotti e sulle attività di un concorrente, che possono determinare discredito degli stessi, o l’appropriazione di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente
  • contrari alla correttezza professionale, qualsiasi altro atto, implicito o esplicito, non conforme ai principi di correttezza professionale con cui si rechi danno ad un’impresa concorrente. Tali pratiche includono, per esempio, il dumping, ovvero la vendita dei propri prodotti a basso costo per eliminare i concorrenti, la violazione del patto di non concorrenza, spionaggio industriale e dipendente infedele.

Come difendersi dalla concorrenza sleale

La concorrenza sleale può danneggiare non poco l’attività di un’azienda, tanto in termini di credibilità quanto in termini di profitto. La riduzione della clientela, la contrazione dei profitti, fino alla circolazione di informazioni riservate o denigratorie, sono senza dubbio segnali di una possibile condotta scorretta da parte di concorrenti.


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Per difendere la propria impresa da atti di concorrenza sleale e tutelare il patrimonio aziendale, la legge consente di avvalersi dell’operato di agenzie investigative, come Revela, al fine di individuare i colpevoli e le dinamiche dell’illecito.

Le operazioni d’indagine sono volte alla raccolta di dati e prove che potranno essere utilizzate per la stesura di una relazione finale dal valore legale. È possibile, per esempio, analizzare le attività di soci e collaboratori, eventuali legami con aziende concorrenti, ancora indagare sulla tutela di marchi e brevetti.

Come denunciare

Per denunciare un atto di concorrenza sleale è necessario depositare un ricorso dinanzi al Tribunale di competenza. L’art. 2599 c.c. prevede che “La sentenza che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano eliminati gli effetti”.

Inoltre, il danneggiato può chiedere ed ottenere il risarcimento del danno, in forza dei principi generali relativi alla responsabilità per atto illecito, purché concorra il requisito soggettivo del dolo o della colpa del concorrente che si sia reso autore delle denunziate violazioni.

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