Blocco dei licenziamenti: cosa cambia con il Decreto Agosto

Blocco dei licenziamenti: cosa cambia con il Decreto Agosto

In questo periodo di incertezza e di precarietà lavorativa causata dall’emergenza Covid, prosegue il blocco dei licenziamenti per motivi oggettivi. Resta legittimo il licenziamento per giusta causa

Il Decreto Agosto (D.L.  104/2020) ha prolungato fino a novembre il blocco dei licenziamenti. Il nuovo Dpcm, che prevede misure da 25 miliardi di euro (di cui 12 miliardi per il lavoro), è entrato in vigore lo scorso 10 agosto e finanzierà anche altre misure, come la proroga del reddito di emergenza, il bonus per la filiera ristoranti e settore turismo-spettacolo e il pacchetto per il rilancio del Sud.

Tra le altre misure del Governo rientra inoltre la proroga fino al 15 ottobre al blocco del pignoramento di stipendi e pensioni. Il provvedimento è contenuto nel Decreto Rilancio che stabilisce appunto la sospensione degli obblighi derivanti dai pignoramenti su pensioni e stipendi.

Blocco dei licenziamenti

In questo particolare contesto sociale il Governo ha, dunque, decretato nuovamente la sospensione delle procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, a prescindere dalle dimensioni delle aziende o dal loro organico.

Il blocco dei licenziamento introdotto dal precedente Decreto Cura Italia era valido fino al 17 agosto. La proroga riguarda i licenziamenti collettivi e, come già detto, quelli per giustificato motivo oggettivo. Sono confermate le eccezioni al blocco per “cessazione definitiva dell’attività” e fallimento.

Non sarà, quindi, possibile per le aziende licenziare fino a quando non abbiano usufruito integralmente dei trattamenti di cassa integrazione per causa Covid 19 di 18 settimane, richiedibile dal 13 luglio al 31 dicembre 2020.

Il Decreto Agosto prevede anche un nuovo esonero contributivo per le aziende che non facciano ricorso agli ammortizzatori sociali per COVID-19 e che abbiano usufruito degli ammortizzatori sociali per COVID-19 nei mesi di maggio e giugno 2020. L’agevolazione esonera i datori di lavoro dal versamento dei contributi INPS a loro carico, è fruibile per un massimo di 4 mesi (non oltre il 31 dicembre 2020) e sono esclusi i premi INAIL.

Infine, il decreto prevede la revoca e annullamento dei licenziamenti individuali avviati dopo il 23 febbraio.

Sarà, invece, possibile licenziare in questi casi:

  • cessazione dell’attività dell’azienda
  • fallimento dell’azienda o cessazione provvisoria d’impresa
  • messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività
  • accordo aziendale stipulato dalle organizzazioni sindacali in cui si incentiva la risoluzione del contratto, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al suddetto accordo (cui viene comunque riconosciuta la NASPI).

In quest’ultimo caso per chi decidesse volontariamente di aderire all’accordo collettivo per la risoluzione del rapporto di lavoro verrà, infatti, riconosciuta la Naspi (l’indennità di disoccupazione) che generalmente è concessa in caso di licenziamento.

Licenziamento per giusta causa

Sono esclusi dal blocco dei licenziamenti del Decreto quelli per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa. Si tratta di casi in cui il dipendente è protagonista di episodi negativi o ha comportamenti gravi che pregiudicano il rapporto di fiducia con l’azienda.

Si verifica, dunque, un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, per cui la conseguenza è la risoluzione immediata del contratto di lavoro.


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Rientrano nella giusta causa di licenziamento la sottrazione indebita di beni aziendali, l’abbandono del posto di lavoro per più di 4 giorni senza motivazione, la concorrenza sleale, la diffamazione dell’azienda o suoi prodotti e l’uso illecito dei permessi di malattia.

In questi casi il datore di lavoro può rivolgersi a società specializzate in investigazioni aziendali, come Revela, che può reperire elementi utili in sede giudiziale o stragiudiziale per sostenere i provvedimenti attuati dall’azienda e concludere positivamente la controversia.

Il divieto di licenziamento non trova applicazione nei confronti dei collaboratori domestici (colf e badanti) e nei confronti dei co.co.co. (lavoratori parasubordinati), in quanto il divieto di licenziamento in esame riguarda esclusivamente rapporti di lavoro di natura subordinata.

È bene ricordare, infine, come il divieto di licenziamento in capo alle aziende in questa fase emergenziale si aggiunga ai divieti di licenziamento “ordinari” previsti dalla legge. In questi casi il legislatore, accertata l’illegittimità, reintegra il dipendente e predispone il pagamento di un’indennità risarcitoria.

Comunicato stampa Consiglio dei Ministri.

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